Casamatrice è affacciata su una delle meraviglie di Caltagirone, la Scalinata di Santa Maria del Monte con i suoi 142 gradini rivestiti da maioliche, manifesto plastico della maestria dei suoi artigiani, una strada monumentale che ha il compito di testimoniare, conservare e tramandare l’identità dell’arte ceramica caltagironese. Dai balconi di Casamatrice è possibile ammirare da un punto di vista privilegiato le meravigliose maioliche colorate che ne rivestono le alzate, soggiornare e rilassarsi gustando la propria colazione con una strepitosa vista sulla Scalinata. Nel mese di luglio ed agosto, durante la festa di San Giacomo, è un esperienza unica poter ammirare dall’alto l’emozionante spettacolo di luci, e nel mese di maggio per le festività mariane, lasciarsi inebriare dai colori dei fiori che formano decori profumati sui suoi gradini.
Appoggiata al declivio della principale collina su cui sono aggrappate le piccole case color oro e ‘inerpicate le anguste viuzze’, chiamate in gergo locale “carruggi” come a Genova, la Scala di Santa Maria del Monte è la via principale e più ampia che congiunge l’antico agglomerato cittadino medioevale costruito in cima alla collina, con la città moderna, sviluppatasi nel corso del XVI secolo ai suoi piedi. Durante questo periodo si iniziò a trasferire in basso il centro della città, costruendo edifici pubblici e privati di grande sfarzo, abbellendo la piazza principale con grandi opere architettoniche, costruendo vie più larghe e praticabili, ampliando le chiese e costruendo case religiose e ospedale. La maggior parte della vita popolare e religiosa però continuava a svolgersi nella vecchia cittadella, anche perché in cima alla collina si trovava il castello saraceno, ampliato in epoca sveva, col suo ‘turrito’, posto a guardia dei due versanti adriatico e africano, la chiesa bizantina di S. Nicolò, e l’antica Matrice, la chiesa Madre col suo svettante campanile dai cui merli sporgeva l’insegna della città. Fu per questo che si decise di non accantonare il vecchio abitato, denso di storia, e anzi di unirlo in maniera solenne al nuovo abitato per mezzo di una larga strada successivamente sistemata a gradini, che avrebbe portato dal ‘piano’ al ‘monte’ attraversando il cuore del vecchio agglomerato. Ci vollero diversi anni e molto lavoro poiché fu necessario abbattere molte case ammassate sul pendio, tagliare le strette vie che in senso orizzontale e verticale attraversavano la collina in più punti, trasportare a monte svariati conci di pietra per la costruzione dei gradini che per mancanza di strade e idonei mezzi di trasporto, non era facile far arrivare sul luogo. I lavori di apertura di questa “strada nova” iniziarono nel 1606 ed inizialmente si pensò di realizzare proprio una dritta e larga strada, per poter risolvere facilmente il problema delle distanze. Finiti i lavori di demolizione ci si rese conto della ripidità del pendio e si pensò di trasformarla in una grande scala a gradoni e larghi spiazzi che immettevano nelle viuzze trasversali che si affacciavano ai suoi fianchi. Furono impegnati per la sua costruzione diversi maestri muratori e scalpellini che lavorarono sul sito per diversi anni. Quando fu terminata, imponente, con i suoi 150 gradini, fu considerata una delle meraviglie di Caltagirone. Illuminata durante la festa patronale di S. Giacomo, regalava uno spettacolo unico e per questo fu denominata comunemente ‘Scala di S. Giacomo’. Costituì inoltre un importante luogo di scampo per la popolazione dei densi quartieri laterali durante il terremoto del 1693. Agli inizi del XIX secolo, a causa della forte usura e dei crolli delle volte di sostegno di alcuni raccordi, fu necessario eseguire dei lavori di rifacimento. Questi, completati nel settembre del 1844, ridussero le larghe pedate dei gradini con la riduzione delle sua estensione totale, diminuendo anche il numero delle alzate a 142, quanti ne conserva tutt’oggi. Trascorso quasi un secolo dal suo rifacimento ottocentesco, a metà del 900 i gradini in arenaria forte con le pedate lastricate in mattoni di terracotta disposti a coltello, ormai sformati, erosi ed avvallati in molte parti, necessitavano di ulteriori lavori di recupero. Nel 1952 furono appaltati i lavori per il rifacimento dei gradini della Scalinata, realizzati stavolta con il rivestimento delle alzate in piastrelle maiolicate. L’idea del rivestimento con maioliche diverse tra loro anziché monotone, si deve al Prof. Antonino Ragona, docente (in seguito direttore) della Scuola di Ceramica di Caltagirone. Vennero realizzate piastrelle maiolicate di dimensioni 15 x 15 decorate con motivi policromi continuativi con 142 disegni diversi, tanti quanti erano i gradini. I motivi rappresentati sono disegni isolani tradizionali dal X al XX secolo, raccolti ed adattati dallo stesso Ragona e realizzati dall’ O.P.A.L. , Organizzazione Pro Alunni Licenziati della Scuola di ceramica, di cui egli stesso era direttore, poi denominata I.P.A.C., Istituto Pro Artigianato Ceramico. I motivi decorativi isolani di dieci secoli sono distribuiti in base alla loro evoluzione cronologica, dai più antichi posizionati nei gradini più bassi della Scalinata, ai più recenti posizionati nei gradini più alti. I motivi sono idealmente suddivisi, in dieci grandi sezioni ciascuna costituita da 14 alzate e comprendenti motivi caratteristici di un secolo. I primi due gradini in basso sono stati lasciati uno in pietra lavica, l’altro sempre maiolicato, riporta insieme alle figure dello stemma della città con la croce di Genova e l’aquila, i santi protettori a cavallo, S. Giacomo che combatte contro il saraceno e S. Giorgio contro il drago, gli stemmi delle antiche dominazioni dell’isola, normanno, svevo, angioino, aragonese. Il primo secolo scelto è il secolo X, cioè quello in cui la Sicilia, sotto la dominazione araba, ebbe una grande fioritura artistica; seguono il normanno, lo svevo, l’angioino-aragonese, il chiaramontano, lo spagnolo, il rinascimentale, il barocco, il Settecento, l’Ottocento e il Novecento. I motivi decorativi sono stati ricavati dalle architetture, dalle pitture, dai mosaici, dai soffitti lignei, dai ricami e dalla ceramica, ricavati anche da cocci rinvenuti durante gli scavi per i lavori della Scala stessa, riadattati secondo le necessità decorative delle alzate. Alcuni motivi delle ultime alzate sono stati elaborati appositamente per la Scalinata per accogliere le espressioni stilistiche degli ultimi periodi. I motivi delle varie sezioni sono stati sapientemente alternati tra motivi geometrici, figurativi, floreali, in modo che partendo dalla base il ritmo della sequenza è sempre vario ed accompagna la salita del passante stimolandone la curiosità lungo i 142 gradini, portandolo a superare un dislivello di quasi cinquanta metri. Sull’ultima alzata, la più alta, è raffigurato al centro ancora lo stemma della città, lo scudo con la croce rossa di Genova sostenuto da due grifoni; sullo sfondo blu è riportata la data di ultimazione dei lavori di decorazione, 25 luglio 1955.Un pò di storia . . .
Le maioliche
Fin da tempi lontani, quando l’illuminazione domestica era affidata a combustibili come olio, sego, cera, l’illuminazione per le feste assumeva grande importanza, e già nei secoli XVI, XVII e XVIII si registra a Caltagirone per la festa del patrono S. Giacomo notevole attenzione per la “luminaria” che a quei tempi consisteva nell’illuminazione a festa di strade, piazze e dei quattro campanili della città; venivano impiegati dei lumi a fiamma libera oppure posizionati dentro delle lanterne di carta bianca o colorata semitrasparente. Quando fu completata la Scala di Santa Maria del Monte, divenne istintivo porre anche sui suoi gradini delle lanterne durante le feste. Inizialmente furono dunque i privati ad abbellirla; in seguito, dopo l’esplosione di entusiasmo per le feste patronali successivo al terremoto del 1693, fu iniziativa della città dedicare annualmente delle somme per tale illuminazione. Inizialmente tale operazione era sporadica anche se ordinata, e non tutti i gradini della Scala venivano illuminati. Ogni anno però l’illuminazione si faceva più intensa anche se ancora monocromatica e uniforme. Nel 1785, l’architetto siracusano Natale Bonajuto rivoluzionò questo sistema monotono inserendo delle sovrastrutture a disegni geometrici dalla forma piramidale, sormontati da grossi globi variamente colorati lungo lo sviluppo della Scalinata; per illuminare venivano utilizzati dei lumi appositamente congegnati da lui. Dopo i lavori ottocenteschi che trasformarono la Scala in una gradinata regolare, non fu più necessario utilizzare delle sovrastrutture e grazie all’inventiva di un monaco caltagironese dell’Ordine dei Minimi, padre Benedetto Papale, l’illuminazione della Scalinata fu concepita come un enorme mosaico. Per elaborare i suoi disegni utilizzò un metodo particolare, suddividendo i gradini in tante parti uguali e lavorando sulla griglia ottenuta come sui quadretti di un quaderno. In questo modo riuscì a realizzare dei tappeti luminosi straordinari ricavando le luci con i lumi, le ombre con i vuoti e gli effetti cromatici con la carta bianca o colorata di rosso e verde dei “coppi”. Ancora oggi il sistema di padre Papale è quello impiegato per la realizzazione dei tappeti luminosi con cui viene adornata la Scala durante le festività del patrono S. Giacomo il 25 luglio, ed il 14 e 15 agosto di ogni anno. I disegni rappresentati sono per lo più ripresi dal ricco archivio che il padre Papale ci ha lasciato, tranne per alcune recenti rielaborazioni che ad esse si ispirano. La preparazione dei tradizionali coppi, anch’essa un arte, da diversi anni è affidata alla sapiente tecnica di una famiglia, la famiglia Russo, che, fin dal XIX secolo con grande cura ed attenzione ne tramanda da generazione in generazione il metodo.La luminaria
Il gonfalone della città di Caltagirone raffigura un’aquila coronata ad ali spiegate con due grifoni al centro che sorreggono uno scudo con la croce rossa di Genova. E genovese è anche il termine con cui, ancora oggi i caltagironesi chiamano le strette viuzze che solcano il centro storico, ovvero i “carruggi”. Questa fratellanza col capoluogo ligure risale alla storia antica della città di Caltagirone, ed in particolare all’epoca medioevale. Secondo una leggenda furono i coloni genovesi che sbarcati a Camarina si addentrarono fino al territorio dell’antica Caltagirone, liberandola dagli arabi, e con molta probabilità, furono realmente i liguri il primo popolo che latinizzò religiosamente e linguisticamente il territorio di Caltagirone quando i coloni delle altre aree del nord Italia arrivarono nella Sicilia orientale, come anche accadde alla vicina Piazza Armerina. Anche il celebre geografo e viaggiatore arabo Edrisi, nel 1154 descrive Caltagirone come Qal'at al-Genūn ovvero Castello dei Genovesi. Antonino Ragona, ‘La Scala di Santa Maria del Monte in Caltagirone’, Tringale editore, Palermo, 1989. . . perché Genova . . .
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